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Come valutare il costo degli ETF: TER, OCF, TCO

Quando acquistiamo ETF, controlliamo sempre il loro costo, in quanto convinti (giustamente) che costi più bassi vogliano dire, generalmente, rendimenti più elevati. Ma quali costi dobbiamo però considerare?

 

1. TER, OCF o TCO?

Generalmente, gli investitori analizzano, come proxy del costo complessivo di un ETF, il Total Expense Ratio (TER), anche se non è detto che un ETF con un TER minore di un altro ETF costi complessivamente meno del secondo. Questo perchè il TER non tiene conto di alcuni costi, spesso rilevanti.

 

 

 

 

Il TER ingloba in se i costi ricorrenti percentuali di un ETF, ovverosia:

  • le commissioni di gestione (costi di gestione ed operativi sostenuti dal gestore ETF per replicare l’indice di riferimento);
  • costi legati alle commissioni della Banca Depositaria;
  • i diritti del fondo;
  • i costi di distribuzione, come ad esempio costi sostenuti per il marketing o la distribuzione del prodotto, come la produzione di documenti del fondo e brochure.

Il TER, però, spesso non ingloba in se altri costi non ricorrenti, che invece sono considerati nell’Ongoing Charge Figure (OCF), che è una stima complessiva del costo dell’ETF che va oltre il TER stesso, che però non viene riportato da tutti i siti web e documenti informativi.

L’OCF, come ci dice il termine stesso, è una stima figurata dei costi complessivi applicati sul fondo, ma non un valore effettivo calcolato sulla base ei osti effettivamente sostenuti: è meno preciso del TER, quindi, ma riesce a catturare alcune voci di costo che il TER potrebbe non considerare.

 

 

2. Esiste però anche il TCO

TER e OCF, però, sono spesso molto diversi da quello che generalmente viene chiamato TCO, ovverosia Total Cost of Ownership dell’ETF, che tiene conto di altre voci legate alla transazione e alle negoziazioni interne ed esterne all’ETF.

 

 

TER e OCF comprendono il costo di gestione dell’ETF, più altre spese minori, mentre il TCO mette dentro anche costi ulteriori inevitabili per la gestione dell’ETF, come ad esempio:

  • commissioni di negoziazione;
  • spread sostenuti dal partecipante autorizzato per replicare l’indice;
  • tasse pagate dal fondo;
  • commissioni swap in caso di replica sintetica;
  • profitti derivanti dalle operazioni di prestito titoli che il fondo può mettere in atto. prestito titoli).

Tali costi, visto e considerato che non possono essere definiti in modo chiaro e non esiste una normativa unica per la loro categorizzazione dei documenti informativi del fondo, non vengono mai visualizzati e spesso gli investitori non ne tengono conto.

Spesso, i costi non compresi ne nel TER/OCF, ma solo nel TCO, non sono talmente rilevanti da far cambiare la convenienza di un dato ETF, ma può succedere (soprattutto per i famosi ETF attivi”) che questi costi non considerati nel TER incidano parecchio e facciano cambiare la prospettiva di rendimento dell’ETF stesso.

Immaginate cosa può succedere al valore del TCO per un ETF che muta rapidamente e spesso il suo sottostante, specie se indicizzato ad un benchmark poco liquido: il partecipante autorizzato dovrà, spesse volte, andare sul mercato e rastrellare i titoli oggetto dell’indicizzazione, con l’effetto di veder alimentare, per il fondo, gli spreads bid/ask sostenuti e i costi di replica dell’indice.

Costi che TER e OCF non considerano.

 

 

 

 

Gabriele Galletta
info@investimentocustodito.com

CEO di Investimento custodito, Risk Manager, Analista Finanziario, massimo esperto in Italia della filosofia All Weather. Seguitissimo sui social e sulle sue piattaforme, ha aiutato migliaia di persone a riprendere in mano il controllo dei propri soldi grazie ai suoi corsi e ai suoi libri.



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