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Meglio seguire Buffett o lo S&P500?

Mister Warren Buffett è diventato famoso nel mondo come il più grande investitore di tutti i tempi anche perché è riuscito a “battere il mercato” per un tempo abbastanza lungo: ciò significa che non solo ha ottenuto rendimenti assurdi dai suoi investimenti, ma lo ha fatto in modo considerevolmente superiore ai rendimenti ottenuti nello stesso periodo dallo S&P500, l’indice azionario americano principale.

Questo significa “battere il mercato”. Alla luce di ciò, considerato che il portafoglio di Buffett è pubblico e che è semplicemente replicabile acquistando le azioni della sua Holding, la Berkshire Hatheway, viene spontaneo domandarsi se non sia questa la strada da seguire per riuscire a ottenere “più rendimenti possibili”.

Buffett compie i suoi acquisti attraverso la sua holding, la Berkshire Hathaway, una società che non nasce come holding finanziaria che acquista partecipazioni in altre aziende, ma come impresa operante nel settore tessile.

Nel 1962, Warren Buffett avvia l’acquisto di azioni della Berkshire Hathaway, mantenendo fino al 1967 il core business della società (il tessile) fin quando, proprio in quell’anno, egli decide di espandere l’attività di Berkshire nel settore assicurativo. Da quel momento inizia la trasformazione della società, attraverso prima l’acquisizione della GEICO (Government Employees Insurance Company), che costituisce il nucleo centrale delle sue operazioni assicurative di oggi (ed è una delle principali fonti di capitale per altri investimenti), fino a divenire oggi la più grande holding finanziaria del mondo, con partecipazioni monstre in Apple, Jp Morgan, Bank of America e così via.

Di conseguenza, comprare le azioni della Berkshire vuol dire (con buona approssimazione) comprare il portafoglio azionario di Warren Buffett: perché questa non può essere la strada da seguire per un piccolo risparmiatore?

Tra le altre cose, questa strada sarebbe oggi percorribile anche dai piccolissimi investitori, che potrebbero destinare al portafoglio di Buffett parte dei loro investimenti: infatti, fino al 2008 circa, le azioni classe A della Berkshire non erano mai state divise e quotavano circa 100.000 dollari l’una. Oggi sono arrivate ad una cifra pari a 278 mila dollari per share.

 

Questo rendeva praticamente inaccessibile al risparmiatore “comune” (sotto almeno i dieci milioni di euro) questa forma di investimento per replicare il portafoglio di Buffett, ma nei primi anni duemila, come detto, con la decisione di creare la classe B delle azioni della Berkshire, questa strada diventava percorribile ai più: ad oggi, quotano circa 180$ per share e diventano acquistabili praticamente da chiunque, anche su borse diverse dal NYSE (sono quotate anche a Francoforte, ad esempio).

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Detto ciò, perché la scelta di comprare azioni della Berkshire non può essere una scelta migliore che comprare, ad esempio, ETF sul mercato azionario americano, visto che negli ultimi cinquant’anni Berkshire ha sovra-performato l’indice americano in modo cospicuo?

Perché, oltre al fatto che a noi il rischio specifico non piace, sia che sia un rischio specifico legato alla BCC di Canicattì, sia che sia legato alla Berkshire e oltre al fatto che comunque si investe sempre in una società, con le sue dinamiche manageriali, di struttura dei costi, di fiscalità (il che fa aumentare sempre il solito rischio specifico), la scelta di comprare azioni della Berkshire non può essere una scelta migliore che comprare, ad esempio, ETF sul mercato azionario americano perché Buffett negli ultimi dieci anni ha perso il confronto con lo S&P500.

A dieci anni, lo S&P500 ha realizzato un ritorno complessivo del 202% circa, contro il 188% delle azioni della Berkshire, sia Classe A che Classe B.

Questa discrepanza è dovuta al fatto che, probabilmente, il portafoglio di Buffett è “scarico” o, comunque, ha una quota minore di titoli tech, di cui invece lo S&P500 ne è pieno.

Il confronto viene perso da Buffett non soltanto in un range pari agli ultimi dieci anni, ma anche se consideriamo i rendimenti ad 1, 3 e 5 anni.

Qualcuno potrebbe però dirci che la vera forza di Buffett è sovra-performare il mercato in un’orizzonte temporale lunghissimo e che quindi dovremmo proiettare questo confronto su range temporali più lunghi (dove Buffett torna in verità prepotentemente a vincere).

Ma c’è un problema, se vogliamo rispondere alla domanda di cui sopra (“perché la scelta di comprare azioni della Berkshire non può essere una scelta migliore che comprare, ad esempio, ETF sul mercato azionario americano“): qual è quell’investitore che ha un’orizzonte temporale così lungo?

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E soprattutto, qual è quell’investitore che riesce a sopportare nel breve periodo un portafoglio totalmente azionario e la sua volatilità, pur sapendo che questo gli porterà nel lunghissimo periodo risultati maggiori?
Ad oggi, non è abbiamo incontrato nessuno.

Gabriele Galletta
info@investimentocustodito.com

CEO di Investimento custodito, Risk Manager, Analista Finanziario, massimo esperto in Italia della filosofia All Weather. Seguitissimo sui social e sulle sue piattaforme, ha aiutato migliaia di persone a riprendere in mano il controllo dei propri soldi grazie ai suoi corsi e ai suoi libri.



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