
01 Lug Quando e come ribilanciare il proprio portafoglio?
L’asset allocation di un portafoglio riflette gli obiettivi e la propensione al rischio di un investitore: nel tempo, un portafoglio può assumere esposizioni non coerenti con il rischio e il rendimento obiettivo dell’investitore, oppure si possono creare delle opportunità di mercato da cogliere: questi aspetti possono essere controllati con una strategia di ribilanciamento precisa e definita ex-ante, che possa guidare i comportamenti dell’investitore nel tempo.
Con questo articolo, vogliamo esaminare insieme i vantaggi del ribilanciamento, analizzare l’impatto delle diverse frequenze di riequilibrio ed evidenziare le strategie per ridurre al minimo i costi di riequilibrio.
Detto ciò, è bene subito specificare come possano esistere diverse strategie di ribilanciamento, ma è ormai comprovato da numerosi studi (es. Vanguard) come non avere una strategia di ribilanciamento è sempre peggio che averne una, indipendentemente dal «quale».
Il mito del buy&hold, anche se strategia sicuramente più performante di qualsiasi altra finora testata, si scontra con i limiti emotivi dell’investitore che mal sopporta la turbolenza dei mercati: il ribilanciamento diventa quindi un prezioso alleato per portare avanti un progetto d’investimento in modo efficiente.
In linea generale, l’approccio al ribilanciamento del portafoglio può seguire due linee guida: gestire il rischio da una parte e massimizzare il rendimento dall’altra. Vedremo però che, essendo rischio e rendimento facce della stessa medaglia, il riequilibrio sistematico del portafoglio migliora l’efficienza dello stesso perché aumenta il rendimento generato per rischio assunto.
La Gestione del rischio
Quando gli investitori costruiscono un’asset allocation, scelgono un mix di asset i quali produrranno rendimenti tali da raggiungere i loro obiettivi con un livello di rischio che possano tollerare. Nel corso del tempo, questa allocazione iniziale comincerà ad allontanarsi dalla costruzione e dalla logica iniziale. Il ribilanciamento svolge un ruolo importante nel garantire che il portafoglio conservi il rischio appropriato e tollerabile col proprio profilo di investitore. La vendita di un asset performante e l’acquisto di un asset con rendimenti inferiori possono sembrare controintuitivi, ma l’obiettivo di questa forma di ribilanciamento è gestire il rischio piuttosto che massimizzare il rendimento. La Figura 1 illustra questi benefici di gestione del rischio. Il calcolo è generato sulla proiezione di 30 anni di ipotetici ritorni finanziari utilizzando 10.000 scenari diversi sul mercato.

La Figura 1a mostra la distribuzione delle sopra dette proiezioni senza ribilanciamento in grigio e con ribilanciamento trimestrale in blu. La distribuzione senza ribilanciamento ha “code più grasse” (in statistica si indica tale problema con fat tails), il che significa una maggiore possibilità di un rendimento più alto, ma anche una maggiore possibilità di un rendimento più volatile e inferiore rispetto a un portafoglio riequilibrato. La figura 1b illustra, in grigio, che un portafoglio non bilanciato è in genere più volatile. La figura 1c combina questi risultati e restituisce gli esiti in un’unica statistica nota come indice di Sharpe. Come mostrano le simulazioni, il ribilanciamento trimestrale aumenta il coefficiente di Sharpe del portafoglio, ovvero il portafoglio ribilanciato produce più rendimento per unità di rischio rispetto al portafoglio non bilanciato.
La massimizzazione del rendimento
Il riequilibrio sistematico del portafoglio può aiutare soprattutto il controllo emotivo in mercati volatili e lo sfruttare opportunità che si vengono a creare nel tempo.
Il principio da seguire è molto semplice: si acquistano azioni in fasi di volatilità alta (ad esempio come fatto fare a fine 2018 o durante la crisi Covid) e si acquista cash o asset a beta negativi in fasi a bassa volatilità.

La figura 2 mostra le allocazioni azionarie e il valore sia di un portafoglio riequilibrato, sia di un portafoglio non riequilibrato fino a diversi anni dopo la crisi finanziaria globale. In questo caso, gli investitori che non hanno ribilanciato i loro investimenti e loro portafogli potrebbero aver avuto “ragione” nel periodo antecedente alla crisi ma si sarebbero trovati sovra-esposti alle azioni durante la correzione (riquadro giallo), precisamente quando essere sovraesposti alle azioni stesse li avrebbe portati a perdere più valore (come quando a fine 2018, anziché consigliare di comprare ancora più azionario, consigliamo nel nostro outlook annuale di riequilibrare il portafoglio con maggiori posizioni sull’oro).
Allo stesso modo, si sono trovati sottoesposti alle azioni durante il recupero (riquadro verde). Alla fine della crisi (così come è anche accaduto a fine 2018 quando noi consigliavamo invece il riequilibrio del portafoglio acquistando posizioni azionarie o anche durante l’inizio della pandemia Covid-19), molti investitori erano ribassisti e non avevano la fiducia necessaria per riacquistare azioni senza un approccio coerente basato su regole ferree e definite ex-ante.
Nel caso mostrato, il rendimento del portafoglio non bilanciato sarebbe stato inferiore, rispetto a quello del portafoglio ribilanciato, di 5 punti percentuali al netto delle imposte nei dieci anni. Ma l’elemento differenziante è proprio la riduzione di volatilità del portafoglio durante la fase di elevato nervosismo sui mercati.
Per quanto sopra detto, riteniamo abbastanza chiaro il fatto che gli investitori possano trarre grande vantaggio dal sistematico ribilanciamento, senza però trovare una strategia di ribilanciamento ottimale in modo sistematico: in altri termini, avere una strategia di riequilibrio, basata su regole ferree, che si adatti alle proprie esigenze specifiche, è sempre meglio che non averne nessuna. Nessuna frequenza di ribilanciamento specifica è ottimale per tutti gli investitori: in generale un ribilanciamento più frequente limiterà il rischio di in un portafoglio e lo ricondurrà ad un livello adatto per l’obiettivo di investimento, ma ha potenzialmente un costo più alto in termini di commissioni e, quindi, in termine di riduzione dei rendimenti, oltre che un onere fiscale più pesante. Ciononostante, i calcoli sopra mostrati evidenziano come il ribilanciamento sistematico del portafoglio sia necessario per aumentarne l’efficienza, specie nei periodi di crisi e di elevata volatilità.